FONTE: LUISA ZUMELLI – Ebbene si, anche quest’anno l’avventura del Marocco ci ha intortati: siamo io con la Paola Valmassoi, e Maurizio Elia con Pippo Racca.
Come al solito si parte con le note di Loubet verso scenari da National Geographic con tutto quello che la National Geographic si guarda bene dal dire.
Vogliamo parlare della Rochers Cathedrale? E’ un’unica montagna con la facciata uguale a quella di una cattedrale; si erge ai piedi di un fiume che ha scavato e continua a scavare alla sua base facendo in modo da farla sempre più isolata e imponente. Detto fiume non è che può stare a scegliere, e si è eroso anche strada e ponti. Quando arriviamo lì le tracce per terra si moltiplicano ma non hanno il cartello “strada a fondo chiuso”.
E le miniere di fosfati? Affascinati budelli tra cumuli bianchissimi uguali a cemento in polvere. I budelli finiscono improvvisamente e lasciano il posto a spazi vastissimi con piste “a V”di viabilità dei camion. Insomma ti districhi tra “!Visuelle Illusion” del bianco reso piatto dal sole e “400 Reste à droite” dove? Sul dosso.
Comunque la nota migliore di quest’anno rimane: “400, Destra piena su dosso, 750: riferimento palo a destra: Frena!”. Nel silenzio dei 750 di cui non si vede la fine, mentre la macchina “sta giù” anche in quinta piena (che assetto!), mormoro alla Paola: tu lo vedi il palo? Effettivamente un palo c’è, così lontano da essere così piccolo, ma c’è. Io mi chiedo: come faccio a seguire la strada e a guardare tutto a destra mentre tremiamo come budini sulla terra? Faccio che freno prima.
La seconda nota migliore: “30, Frega: ponte marcio”. Fantasioso: non è vero che il ponte è marcio; il ponte non c’è più; anzi, secondo me non c’è mai stato.
La terza, dove la strada di terra, dopo un ponte in asfalto degno di un’autostrada (cosa ci faceva lì quel ponte? anche loro hanno gli appalti truccati?) diventa un budellino di terra: “resta a destra”. Non è che si potesse scegliere: a destra c’era la montagna e a sinistra avevamo già due ruote nel fiume.
Comunque, a parte tutta la quinta piena che ho sprecato sui dossi dove non si vede niente, e la polvere di quelli davanti che hanno un problema e non riesci a superare (ma poi il direttore di gara ti fa partire subito a due minuti senza dover elemosinare), l’unico evento saliente ai fini della classifica è stato il tergicristalli. Accidenti! Con tutti i marocchini che subiamo ai semafori, arrivo lì e neanche per 100 euro ne trovo uno che mi pulisce il vetro. Sotto il diluvio universale tocca alla Paola scendere e provare a scastrare il tergi che si è avariato col fango, ma non c’è niente da fare. Scende e pulisce, riscende e pulisce. Finiamo l’acqua che abbiamo a bordo, e col vento finisce di colpo anche di piovere. Finiamo i 30 km di ps galleggiando fuori dalle corsie zuppe di fango. All’assistenza, Alfi e Enrico ormai ibernati, riaggiustano e tutto è di nuovo a posto tranne la Paola che suddetto vento ingessa nel fango che ha addosso.
Peggio è andata a Elia, che ha rotto i freni proprio dove nessuno ha l’assistenza. Un calvario. Purtroppo non può lanciare fuori Pippo per fermare la macchina, così si arrangia con lo stacca-batteria e buttandosi nelle montagnole di ghiaia, e incredibilmente riesce a arrivare a fine tappa.
Prima di ogni Parco Assistenza, se si riesce, cerchiamo di togliere il fango sotto la macchina. Una sera ci fermiamo da un gommista con lavaggio. Mentre sono seduta in macchina e giro il volante da una parte e dall’altra per lavare bene dove serve, vedo la faccia di Enrico preoccupata e la faccia del gommista che ride. Rideva a crepapelle, l’anziano; rideva perché sotto l’acqua del lavaggio la mia gomma gorgogliava. Rideva mostrando i tre denti rimasti e puntando a turno la nostra gomma ancora con qualche pelino ma bucata, e le sue finite, finitissime, ma non bucate.
E questa risata non cattiva mi è rimasta nel cuore perché, se proprio devi mettere in conto che forare succede, cosa ti può dare più sollievo che ti capiti proprio davanti al furgone, fuori dalla prova speciale?
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